Teatro Area Nord, Napoli, sabato 19 e domenica 20 gennaio 2013

L'avaro al Teatro Area Nord di Napoli
Le Nuvole / Teatro Stabile di Napoli Teatro Mercadante
presentano
L’avaro
libero adattamento da “L’avaro” di Molière e “Aulularia” di Plauto

con
Nunzia Schiano, Tonia Garante, Stefano Ferraro

scene
Enrico de Capoa e Rosario Sparno
costumi
Alessandra Gaudioso
regia
Rosario Sparno

Siamo in una soffitta. Una tana per topi che negli anni ha visto il suo abitante accumulare beni mai usati. C’è un’aria malsana, costantemente si respira un’atmosfera di complotto, di agguato, di rapina.

Uno sguardo, cupo, tetro, solitario regna su tutto. Ogni cosa è vista e deformata dallo sguardo del suo abitante.

Arpagone è il protagonista. E’ lui l’avaro, l’essere gretto, avido, sospettoso, nevrotico di cui ci parla Molière, che nel nostro adattamento, preferisce vivere in ristrettezze economiche, vestire abiti logori, abitare un luogo vecchio e polveroso pur di non separarsi dal suo unico grande amore, la sua più assoluta passione: una cassetta piena di denari che tiene gelosamente nascosta.

Un vecchio taccagno circondato da figli, servi, innamorati e presunti amici che gli stanno intorno, lui crede, solo per la sua ricchezza. E sarà proprio il furto del suo amato tesoro a far crollare il mondo decrepito del vecchio furbacchione.

La rilettura de “L’avaro”, capolavoro assoluto di stile ed eleganza narrativa, ci porta dritti nel cuore della Parigi di Molière, con i suoi vizi e le sue paure, i suoi lazzi e le sue buffonerie che tanto ci ricordano molti aspetti del tempo che viviamo ora.
Il nostro avaro accumula ma non investe, conserva ma non usa, possiede ma non condivide. E sono queste caratteristiche a rendere la sua avarizia un problema non solo personale, ma sociale: l’avaro è il tipo antisociale per eccellenza.

Arpagone è un usuraio e l’usura è un peccato di avarizia, perché l’usuraio, senza lavorare e senza soffrire, si arricchisce con il lavoro e la sofferenza del suo prossimo e, se di peccato si vuole parlare, allora si può affermare senza dubbio che l’avarizia è il più sociale e quindi il più politico dei peccati.

Ma attenzione, perché l’avarizia è capace di trasformarsi anche in virtù per ingannarci, per difendersi dalle invettive a lei rivolte e assumere nuovi nomi riuscendo così a celare la sua avidità e la sua furia e indossando ciò che il poeta chiama “il tenero manto della pietà materna” proclamando che la sua taccagneria e rapacità si debbano all’encomiabile scopo di provvedere ai figli.
 
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