Palazzo Clemente, Castelbasso (TE), da domenica 23 luglio a domenica 3 settembre 2017

"Mario Sironi e le arti povere" a Palazzo Clemente a Castelbasso

Mario Sironi e le arti povere
Assenso e dissenso

A cura di Andrea Bruciati

Con l’obiettivo di sperimentare strade alternative e ipotizzare connessioni inedite fra autori della contemporaneità, la mostra propone un confronto fra artisti appartenenti a diversi momenti storici, e tuttavia accomunati dal fatto di aver rivestito un ruolo centrale nell’elaborazione di un pensiero nei confronti dell’ideologia politica. Con Mario Sironi dialogano gli esponenti dell’Arte Povera: Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Pier Paolo Calzolari, Mario Ceroli, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Paolo Icaro, Fabio Mauri, Mario Merz, Marisa Merz, Giulio Paolini, Pino Pascali, Gianni Piacentino, Michelangelo Pistoletto, Emilio Prini, Gian Emilio Sansonetti e Gilberto Zorio.

Mario Sironi:
Definito da Guido Ceronetti «un notissimo sconosciuto, vissuto e morto per la verità, che impone rispetto assoluto», Mario Sironi dichiarava che «l’Arte non ha bisogno di riuscire simpatica, comprensibile, ma esige grandezza, altezza di principi». La sua è difatti un’arte poco accomodante e poco compiacente, che crea turbamenti e interrogativi e che cerca la verità della storia dell’uomo e della fatica del vivere. Come ha affermato Romana Sironi, nipote del maestro, quello dell’artista è un mondo dove gli uomini acquisiscono dignità nell’assolvimento del proprio dovere. Sironi voleva dar vita a un’arte sociale fondata su una base valoriale, che potesse divenire uno strumento di governo spirituale. L’adesione al fascismo delle prime stagioni s’inserisce allora in un progetto propedeutico a una rigenerazione sociale del popolo, che avrebbe condotto ad una civiltà rinnovata dal lavoro. In questo senso s’iscrive anche la predilezione per il muro come supporto e il carattere di manifesto collettivo che implicitamente comporta (Manifesto della pittura murale, 1933). Ma le figure di Sironi, pur nella loro severità e cupezza, non indulgono mai a compiacimenti celebrativi: in contraddizione con l’ideologia d’apparato, non fanno propri i trionfalismi auspicati dal regime e – al contrario – sembrano quasi presagirne gli oscuri destini. Quello di Sironi è un mondo tragico pervaso da una moralità dibattuta tra utopiche illusioni e le angosce di un’umanità incerta del proprio destino. Le sue periferie alienanti e desolate, le visioni arcaiche, la natura spesso assente o riarsa nei suoi colori bruni e cinerei, sono espressione dell’incombere di una fatalità tragica. Questo orientamento viene esasperato con la seconda guerra mondiale, quando in molti dipinti le persone e le cose appaiono incastonate come statue in una parete: si tratta dell’immagine di un mondo in cui la possibilità d’azione è limitata e in cui l’uomo è imprigionato in uno spazio angusto, tra la libertà delle scelte morali del singolo e l’orientarsi della realtà storica collettiva. È questa sorta di sironiana «opera al nero» a essere idealmente sviluppata dalla generazione giovane del ’68.

Le arti povere:
Le arti povere debbono la propria denominazione alla definizione che ne diede Germano Celant nel suo scritto belligerante Arte Povera. Appunti per una guerriglia (1967). L’espressione fa propria la sostanza della rivoluzione semantica attuata in quegli anni contro il sistema. Siamo in un clima di sovvertimento sociale e rivolta e contestazione sono alla base di una piattaforma di pensiero sempre in movimento, con posizioni contraddittorie anche fra i diversi protagonisti. Anselmo, Boetti, Calzolari, Gilardi, Mario e Marisa Merz, Nespolo, Paolini, Penone, Pistoletto e Zorio sono gli artisti a coinvolti nella prima mostra. L’interdisciplinarietà, l’inventariazione delle ricerche contemporanee e l’attenzione al teatro sono i tratti salienti di un nuovo alfabeto visivo. «Scopo della creazione artistica – scrisse Daniela Palazzoli nel 1967 – non è (più) quello di rappresentare il mondo obiettivo dopo averne compreso le leggi (i valori), ma di valersi della conoscenza di tali leggi obiettive per un’attiva trasformazione (o quanto meno per un’attivazione dinamica) di esso». Autori come Prini, Mauri e Icaro vogliono collaborare in un clima di solidarietà e liberarsi dalla dimensione mercificante del consumo in nome di un nuovo principio di socialità dell’arte. È del resto lungo questa linea tracciata dagli artisti del “gruppo” che s’inseriscono le testimonianze della poesia visiva e della performance, a conferma di un sentire che ricerca nella comunicazione regole sintattiche eversive rispetto al sistema dominante.

Dal martedì alla domenica, dalle 19.00 alle 24.00 (aperto lunedì 14 agosto)

Ingresso intero: 8 €
Ingresso ridotto: 6 €
bambini 7-11 anni, gruppi di almeno 15 persone previa prenotazione

Fondazione Malvina Menegaz per le Arti e le Culture
Palazzo Clemente
Via XXIV Maggio, 28
64020 Castelbasso (TE), Italy
Tel: +39 0861 50 80 00
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