Teatro Moderno, Vibo Valentia, Mercoledì 25 Gennaio, 2012
con Ugo Dighero
di Marco Melloni
con l’inconsapevole collaborazione di Philippe Petit
Non ha passato e non ha futuro. Il suo nome lo ha dimenticato. I documenti deve averli persi, come il conto dei suoi compleanni. Non ha età, non ha indirizzo, non ha lavoro. Non ha più né parenti né amici né amore. Non se li può permettere. Per il fisco, l’anagrafe, l’istituto di statistica, l’assistenza sociale, le liste di collocamento lui, semplicemente, non esiste: non è uomo né donna, né vecchio né giovane, né americano né straniero, né conservatore né progressista, né vivo né morto.
Di sé può solo dire ciò che non è: niente, appunto, un buco nel groviera sociale. E malgrado tutto, sopravvive: dorme, respira, mangia, ogni tanto… Soprattutto pensa, pensa, pensa. Non risce a smettere.
E parla. Con Mr. Smith. Da qualche anno divide con lui un pezzo di marciapiede al centro di Manhattan.Lo incontrò per caso in un cassonetto. Rimpiazzò quel braccio mancante con un ombrello rotto, gli mise una cravatta al collo per dargli un contegno, un vecchio televisore portatile come testa, un tubo di stufa al posto di una gamba forse persa in qualche guerra senza senso e, ai piedi, scarpe spaiate legate con il fil di ferro.
Con l’unica mano, Mr. Smith impugna una trombetta-giocattolo. Sul marciapiede, davanti al manichino, c’è un cappello sfondato e un cartello con scritto, in bella calligrafia: “1 song 1 dollar”. Mr. Smith non è capace di suonare che canzoni immaginarie, parla poco ma ha un grande pregio: sa ascoltare.
E l’uomo che ormai non possiede più niente, almeno una storia da raccontare ce l’ha: una storia vera, incredibile, come solo le storie vere riescono ad essere…
Il 7 agosto del 1974, alle 6:45 del mattino, il funambolo francese Philippe Petit intraprende clandestinamente la sua traversata su un cavo teso a 412 metri d’altezza, tra la Torre Sud e la Torre Nord del World Trade Center. Della memoria di quell’evento, che l’America ha ormai rimosso, si fa custode un homless che vi fu testimone.
Questa è la sua storia, l’unica che sa raccontare e che ripete ogni giorno ai cinquantamila impiegati del WTC, troppo preoccupati di fare tardi in ufficio per fermarsi ad ascoltarlo.
Questa è la storia di una nazione che non ha saputo cogliere i segni, quasi profetici, che preannunciavano la tragedia dell’11 settembre 2001.
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