Teatro Comunale Garibaldi, Enna, sabato 6 aprile, 2013

“Dissonorata- un delitto d’onore in Calabria”

“Dissonorata – un delitto d’onore in Calabria”

di e con Saverio La Ruina
musiche originali composte ed eseguite dal vivo da
Gianfranco De Franco
collaborazione alla regia Monica De Simone
luci Dario De Luca
organizzazione Settimio Pisano

 
Protagonista è Pasqualina, contadina calabrese vissuta nel secondo dopoguerra, vittima suo malgrado dell’ignoranza e del pregiudizio familiare.

Ella è un’anima semplice che guarda le cose del mondo con disarmante ingenuità: tutto ciò che la circonda, perfino la miseria, il duro lavoro a cui è obbligata, la grettezza dell’ambiente in cui vive, tutto le appare come trasognato e ricco di colori, di suoni, di sapori irripetibili.

Costretta a non potersi sposare in attesa che lo faccia la sorella maggiore, Pasqualina trova però l’amore in un giovane che veste bene (“ha le scarpe con i lacci”), che possiede un’automobile, che parla con sicurezza. È un amore impetuoso, travolgente, che lei non sa definire con parole appropriate ma di cui avverte tutta la potenza del rapimento.

Un amore che però alla fine le si rivela un inganno perché il giovane la illude promettendole di volerla sposare soltanto per sedurla e abbandonarla prima di partire per l’America. Rimasta incinta, la protagonista subisce la punizione del clan familiare che per mano del fratello “lava l’onta” cospargendola di petrolio nel tentativo di bruciarla viva.

Ma a salvarla interverrà una zia di nome “Stidda, come le stidde che stanno nel cielo”, cosicché lei potrà partorire il suo bambino dandogli il nome di Saverio, lo stesso dell’autore.

Vestito con una maglia che ricopre le braccia, con una veste da lavoro lunga fin sotto il ginocchio e indossata sopra i pantaloni, con le calze messe sotto i sandali, Saverio La Ruina rimane seduto per l’intero spettacolo, annunciando sin da subito che colei che parla non è più in vita.

Egli è semplicemente perfetto nel narrare la vicenda in stretto ma comprensibile dialetto calabrese, capace in certi momenti di farsi puro suono, rapsodia ora dolente ora buffa,  con una voce femminile che mai eccede e con una leggerezza di toni che trasportano in un’atmosfera ammaliante, resa ancora più suggestiva dai sobri interventi musicali di Gianfranco De Franco.

Alle parole si accompagnano gesti lievi, ordinati, pudichi, goffamente commoventi che disegnano nello spazio scenico l’esperienza vitale di Pasqualina riuscendo, nel contempo, a proiettarvi anche gli altri personaggi, il padre, la madre, il fratello, l’ignobile seduttore. Non mancano i momenti ilari che con disincantata dolcezza descrivono le brutture di un mondo arcaico in cui sopraffazione e violenza sembrano le uniche leggi possibili fino al miracolo della notte di Natale.

“Sono sì partito da un sostrato di storie vere” – ha risposto La Ruina alla curiosità di alcuni spettatori sull’origine dello spettacolo – “tramandate da un’oralità popolare che le ha elevate al rango di piccole epopee femminili.” “Ma” – ha proseguito – “ho trovato nuova ispirazione dalle tragiche e purtroppo attuali storie che hanno come protagoniste, loro malgrado, le donne musulmane, sempre più vittime di violenze considerate legittime come avveniva nella Calabria del passato. È un modo per non abbassare la guardia, lì come qui, di fronte a questo dolore spesso silenzioso e inerme”.

E la storia di Pasqualina, rassegnata perché ignara dei propri diritti ma fiduciosa nonostante la furia che l’ha colpita, è una meravigliosa pagina di teatro che, partendo dalla Calabria, la trascende per farsi storia universale.
 
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